Daniele
Cari amici, siamo Patrizia e Laurino genitori di Daniele e vorremmo raccontarvi la sua e nostra storia che inizia all’ottavo mese di gestazione con un problema alla placenta che non lo nutriva a sufficienza, quindi mi sono ritrovata a letto all’ospedale per quindici giorni con delle flebo e altri quindici a casa, sempre ferma, per arrivare al gran giorno (15aprile 1985 alle ore 21), dopo 20 ore di travaglio e con un taglio cesareo.
Daniele che era sottopeso (kg 2,500) è stato portato subito all’ospedale di Reggio Emilia, noi eravamo in quello di Montecchio Emilia, e ricoverato nel reparto di neonatologia per un lungo mese. Io (la mamma) sono rimasta nell’altro ospedale per curarmi altri dieci giorni (nessuno ci ha informati che potevo farmi trasferire dove era Daniele), e cosi l’ho visto per la prima volta il 25. Subito ho visto che era un bellissimo bambino biondo con gli occhi che avevo sempre sperato fossero, azzurri come quelli del suo papà, ma uno aveva un particolare, aveva una macchia che speravo col tempo si cancellasse ma non era una macchia, era un coloboma irideo. Questo l’ho appreso il giorno dopo quando il primario del reparto mi ha mandato a chiamare mentre ero con Daniele per cercare di attaccarmelo al seno per allattarlo (fino a quel giorno mi toglievo, con l’apposita siringa, un litro di latte al giorno che mio marito veniva a prendere e lo portava nell’altro ospedale dove oltre a Daniele, veniva dato anche agli altri bambini con i ringraziamenti degli infermieri del reparto). Il primario mi ha elencato tutti i problemi che Daniele aveva e che io fino a quel momento ignoravo avesse, perchè anche mio marito non ne sapeva nulla. E pensare che tutti i giorni mentre portava il latte chiedeva se tutto era a posto se il bambino stava bene, e la risposta era sempre di sì. Così a bruciapelo come si trattano le bestie, mi sono sentita elencare tutti i problemi che aveva, da un problema al cuore, un’ipospadia, un coloboma irideo ed un piedino curvo che non si sapeva neppure se avrebbe camminato, tutto in pochi massacranti minuti. Mi sono sentita crollare il mondo in testa, non sapevo più dove ero, ed ero sola in una città che non conoscevo e dove non conoscevo nessuno, a piedi cercando di trattenere la disperazione di una madre a cui hanno trafitto il cuore, mi sono ritrovata in stazione dove ho preso il treno per ritornare a casa (noi abitiamo a 30 km. di distanza) e anche lì il viaggio è stato un martirio, ho pensato e ripensato alle cose che mi avevano detto, a quelle parole che non conoscevo, alla voce di quella persona non umana che continuamente si mescolava ai miei pensieri e mi ripeteva tutto, pensavo che dovevo dire tutto questo ad un felice ed ignaro marito. Ho rischiato di perdere tutto il latte e ancor peggio di avere un esaurimento. Ancora oggi potete immaginare che cosa proviamo nel ripensarci….
A sei mesi Daniele ha avuto la sua prima influenza con febbre molto alta che non accennava ad abbassarsi, così una domenica abbiamo chiamato la guardia medica che visto il bambino e vista la sua documentazione clinica, ci ha consigliato di ricoverarlo perchè aveva paura di una crisi convulsiva (altra parola a noi sconosciuta). Alle 16,30 siamo entrati in ospedale e la sera mio marito è rientrato a casa e io sono rimasta con Daniele in ospedale. Erano circa le ore 20,30 quando, essendomi appisolata sulla sedia vicino al letto mi ha svegliato un gemito del bambino in piena crisi convulsiva, allora ho subito suonato il campanello ma non arrivava nessuno, ho cominciato a chiamare aiuto finchè sono arrivati a prestargli le prime cure con il Valium ma la crisi è durata un’eternità. Da quella crisi causata dalla febbre alta, ne sono seguite altre due a distanza di sei mesi una dall’altra e ogni volta è sempre stato ricoverato. Ogni volta che aveva la febbre durante la notte lo vegliavamo, e ogni due ore ci davamo il cambio per riposare un poco perchè la mattina bisognava andare a lavorare. Finalmente dopo diversi tentativi è stato trovato il giusto farmaco che fece cessare definitivamente sia le crisi con febbre, sia quelle chiamate dai medici refrattarie, nelle quali Daniele portava i suoi begl’occhi all’insù cadendo all’indietro. Ecco perchè in casa abbiamo imbottito tutti gli spigoli e comperato un casco da ciclista da mettergli così non si faceva male alla testa.
Durante un ricovero all’ospedale di Modena per il controllo del dosaggio dei farmaci contro le convulsioni, Daniele è caduto dal lettino (perchè le sponde erano troppo basse) procurandosi un avvallamento al cranio. Informati immediatamente i medici dell’ospedale maggiore di Parma dove Daniele era in cura, sia come genetica sia come cardiologia, hanno consigliato ai colleghi di Modena di non operarlo poichè la sua età ossea non era pari all’età bensì in ritardo e che quindi probabilmente l’avvallamento si sarebbe riassorbito da solo. Così è stato per fortuna senza conseguenze.
Con gli esami fatti del DNA a Parma e a Reggio Emilia ci hanno informati che nostro figlio aveva la Sindrome di Wolf, una rara malattia che colpisce un bambino su mille e che questa malattia comportava diversi problemi fisici ma soprattutto un ritardo in tutto, sia cognitivo sia motorio. Immaginate la nostra disperazione nell’apprendere tutto questo, ci siamo chiesti perchè proprio al nostro bambino, perchè proprio a noi? Poi hai sempre la speranza che si sbaglino, che tuo figlio possa essere una eccezione alla regola, anche perchè tutti questi pensieri erano supportati dal fatto che comunque Daniele ogni giorno cresceva e imparava qualche cosa di nuovo con il nostro aiuto e con quello dei nostri genitori che ci hanno sempre aiutato e anche ora nessuno si arrende. Continuamente viene stimolato a ripetere le cose che sa ed a impararne delle nuove, e lui impara. Per noi è una gran gioia e per lui un modo migliore di affrontare una nuova giornata (Daniele non sa leggere, non sa scrivere e non sa parlare). Cerca di farsi capire a gesti e a versi.
All’età di un anno gli sono stati aperti i fori lacrimali e ha messo gli occhiali da vista perchè è miope. Attorno ai tre anni è stato operato d’ernia inguinale e a quattro alle tonsille e adenoidi. Nel 1992 a sette anni è stato operato al cuore per una comunicazione inter-atriale superiore a 20mm., operazione cheè stata effettuata nell’ospedale centro cardio-toracico di Monaco dai prof. F. BOURLON, E. B. SIDERIS e con i prof. SQUARCIA e il dott. AGNETTI di Parma perchè la tecnica usata (tramite vene femorali), in Italia non era praticata, ma nonostante questo abbiamo avuto di che tribolare per avere l’autorizzazione dalla nostra USL tenendo presente che l’ospedale citato è convenzionato con la mutua italiana. Il tipo di operazione è a dir poco eccezionale, se si considera che non viene effettuato nessun tipo di taglio piccolo o grande che sia. Utilizzano le vene femorali per arrivare all’interno del cuore e intervenire nel chiudere la comunicazione inter-atriale, dall’arteria femorale sinistra hanno monitorato la pressione e alla fine Daniele dopo cinque giorni (tre effettivi da operazione più il primo per il ricovero e l’ultimo per la dimissione) ha salutato Montecarlo per far ritorno a casa con due piccoli cerotti posizionati sulle vene femorali e un cuore a posto.
Dall’asilo nel paese vicino perchè aveva un organico maggiore, siamo passati a sette anni alla scuola elementare del nostro paese con una maestra d’appoggio. Avevamo paura che il nostro bambino fosse deriso ma così non è stato, anzi tutti quanti gli hanno sempre voluto bene e aiutato. Un merito va sicuramente alle persone adulte e agli insegnanti ma anche a noi genitori che non abbiamo mai messo nostro figlio in disparte, ovunque andiamo è con noi, non lo teniamo nascosto e non ce ne vergogniamo. Non abbiate vergogna!!! Se volete migliorare la loro vita, e la vostra, considerateli come persone senza problemi, cercate di fare le stesse cose che avreste fatto con un figlio sano. Daniele porta ancora il pannolone e questo ha creato problemi nell’inserimento nella scuola superiore ma che per fortuna siamo riusciti a superare. A proposito di scuola…, fino a poco tempo fa non sapevamo che esistesse la “continuità” e questo ha creato, si fa per dire, problemi agli insegnanti che si sono susseguiti. Dico questo perchè nessun professore aveva una preparazione specifica su chi ha degli handicap, erano generici, quindi ognuno si comportava come meglio credeva. Non c’è mai stata collaborazione fra ospedale (neuropsichiatria) e scuola. Tutto questo porta a perdere del tempo prezioso per l’apprendimento del bambino. Grazie all’associazione, alla dott.ssa Fioretti, al preside della scuola superiore, al responsabile dei prof. d’appoggio, al direttore didattico, al professore dello scorso anno, all’educatrice che segue Daniele, possiamo dire di essere contenti perchè finalmente si sta’ chiudendo il cerchio. Ora c’è collaborazione e contatti fra tutti. Ultimi a volersi aggregare, chi gli fa ipoterapia.
Per diversi anni nessuno ci ha detto che Daniele aveva diritto all’invalidità, finchè un giorno cambiando pediatra, questi ci ha informati così abbiamo ottenuto alcune cose compreso l’assegno d’accompagnamento. Alla visita di controllo dopo alcuni anni, l’invalidità con assegno viene riconfermata dalla commissione, sennonchè dopo alcuni mesi arriva una lettera dal ministero del tesoro che richiedeva un’ulteriore visita di controllo, ovviamente con un’altra commissione e in un altro ambulatorio. Non ricordiamo se erano in 4 o in 5 dottori a presenziare questa nuova commissione, comunque l’esito fu che Daniele era autosufficiente e quindi ci tolsero l’assegno d’accompagnamento. A tale provvedimento abbiamo fatto ricorso e dopo tre anni con sentenza del tribunale abbiamo riottenuto l’assegno, i soldi non percepiti nei tre anni e gli interessi maturati (calcolati a loro modo)!. Dopo più di quattro anni il ministero del tesoro mi ha inviato una lettera che richiedeva di procurare certa documentazione in merito al mio ricorso, ho strappato la lettera e l’ho buttata via. In questi anni abbiamo cercato di capire il perchè la commissione si è pronunciata in questo modo, e il risultato è solo uno: l’ignoranza in materia, ma soprattutto non volerlo ammettere ai propri colleghi di commissione. Una piccola speranza è che le persone, che hanno dei problemi e dei bambini con problemi, non debbano ulteriormente soffrire, perchè non è giusto che oltre la sofferenza debbano anche provare rabbia perchè chi sa le cose non le dice. Questa è sinteticamente la storia di Daniele sperando che possa essere di aiuto.
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